Zoomorfo sì, ma non aquila, né scorpione né elefante. Per una volta, non importa per quanto, il Castello vuole essere altro.
Me l’ha detto lui, alle 6.15 di ieri nella stanza delle acque con la sua voce gorgogliosa, bassa, tra un soffio, un risucchio e gorghi nervosi.
Mi ha raccontato di essere stato testimone di alleanze e congiure, di aver protetto il contado ma di essere stato anche saccheggiato, di aver ospitato artisti e masnadieri, intellettuali e uomini d’arme, come pure fu testimone silenzioso e complice sia di orgasmi appassionati sia di violenze e torture, di santità e di eresie:
"Sono grondante di Storia e di storie, custode del passato ma anche luogo di progettazione del futuro: l’ultima metamorfosi, quasi a mia insaputa, è il mio doppio virtuale. È ora che sappiate che mi manca una dimensione, quella effimera di cui tutti parlano. Sì, mi manca l'infinito presente, che sembra essere il colpevole attributo di questi tempi tecnologici e veloci, ma nel quale sguazzate"
Mette soggezione il Castello che si sfoga. Ma poi quando lo racconti agli altri, pensano che sia un tuo progetto creativo, non percepiscono il senso mistico della confidenza-confessione.
Ora tace; un silenzio che ha la tensione vibrante di una pausa. Infatti riprende la sua narrazione lamentando che anche ieri il custode della soglia Enrico ha tentato di legarlo alle sole dimensioni del prima e del dopo con quella storia della memoria che sarebbe scudo contra la caotica ingestibile realtà. E la custode Cristina - aggiunge- ha rincarato la dose ricordandogli perentoriamente che deve essere all’altezza della sua storia, della sua reputazione nei secoli, perfino della sua immagine nel futuro! Lo zoomorfo dice che non ne può più e di volersi tuffare per una volta nel caotico, effimero, vituperato ma frequentatissimo oggi.
Poi un lungo soffio nell’acqua. È il respiro-sospiro del Castello prima dell’affondo finale, prima della declinazione dei “voglio”:
· Sì, voglio essere per una volta… CICALA!
· Voglio vestirmi di effimero e contingente, frinendo sconsideratamente: per il solo gusto di farlo e per un tempo, non importa quanto breve, voglio essere sollevato dalla responsabilità del passato e del futuro
· Voglio un’incursione nella dimensione dell’infinito presente digitale
· Io Castello fatto di pietra, di roccia, di inferriate, di speroni, di torri, di merli voglio liberarmi della mia ingombrante fisicità e librarmi aereo, smaterializzato, financo futile, con la leggerezza degli emoji nei Social
· Mentre voi siete impegnati a contaminare le genti della contrada globale con i linguaggi dell’arte, voglio una temporanea licenza per un’incursione nel consumismo emotivo digitale”.
Così il Castello disse e così sia.
Nell'anno 2020 d.C. (dopo Covid), terzo della saga di Endecameron.
Dio mio quanto sei ALTO, Marco. Mi piace e capisco il suo bisogno di emotivo digitale. Mi piace l'infinito presente... Mi piace che tutte quelle storie di cui castello è stato testimone dialoghino, forse a nostra insaputa o per nostra spinta, con tutto ciò. A me il Castello dice altre cose. Mi dice, appoggiati al muro: e ascoltami. E io mi appoggio: e sto bene: mi sento parte della sua possenza.
Mi dice ascolta, ascoltami. E io trovo rassicurazioni nei cigolii dei cancelli, negli sgrong delle porte... anche di notte: nei bui che Castello conserva e nelle luci stellari che penetrano dai cieli di Corte Grande e Corte Piccola. Castello ha tante personalità... e a me piace dialogare con ciascuna di…