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  • Immagine del redattoreAlessandra Fenizi

Manifesto per l’Informe Digitale

L'informe allora non si troverà nelle cose, bensì nelle relazioni tra cose: informe non significa assenza di senso o negazione di forma, né abietto, ma qualifica un movimento, o meglio una «messa in movimento delle forme»; le forme non sono negate, ma declassate, private dello statuto ontologico secolare attribuito loro dagli «uomini accademici». [http://www.filosofia.unimi.it/itinera/mat/saggi/?ssectitle=Saggi&authorid=alemanic&docid=informe&format=html]

Come dice Raffaele La Capria “immaginare l’altro” è un pre-requisito per poter scrivere, e forse per tutti noi un presupposto di sopravvivenza. Ma quale “Altro” si riesce ad immaginare ai tempi del Corona Virus?

Forse il Corona Virus ci sta brutalmente mettendo sotto gli occhi quello che per decenni non abbiamo voluto o saputo vedere: gli over-30, soprattutto, si sono affidati ad un medium, quello della TV, che ha alterato il nostro modo di percepire la realtà. Una realtà che abbiamo certificato come tale solo in quanto “mediata” dalla TV e oggi anche dai social media.

Se la realtà è scomparsa come dice Baudrillard (per effetto della TV), è perché non abbiamo voluto prendere coscienza che ciò con cui noi ci relazioniamo è frutto di immagini mediate e l’Altro lo immaginiamo attraverso di esse.

Oggi, con il Corona Virus, siamo costretti a fare i conti solo con le immagini virtuali e ci scandalizziamo che non siamo più “autorizzati” a rapportarci con la realtà, come se ne fossimo stati privati… Ma davvero la realtà ci è stata tolta? Da dove veniva la nostra esperienza dell’altro negli ultimi decenni? L’impressione è che consideravamo la realtà debolissima perché contrapposta alla sua rappresentazione analogica e digitale ma allo stesso tempo quest'ultima non ha mai ricevuto lo status di realtà. I contenuti mediatici ci hanno orientati, condizionati, ci hanno fatto immaginare l’Altro. Ma la nostra supponenza ha preteso che questo Altro analogico o digitale non fosse in fondo reale. Non è un giudizio di valore contro i media: è un atto di accusa di ipocrisia verso noi stessi.

Nel rievocare Bataille oggi, ci si accorge che le emozioni delle parole hanno ceduto il passo alle emozioni delle immagini e dei suoni. I significati sono scomparsi lentamente ma purtroppo il processo è avvenuto inconsapevolmente, senza che ne prendessimo coscienza. Ma non averne preso coscienza ci ha portato tutti a tradire l’Informe di Bateille del 1929: cerchiamo emozioni senza la consapevolezza di ciò che proviamo. E questo è un ossimoro.

Il Corona Virus oggi ci pone di fronte a noi stessi come animali digitali in quanto la mediazione è necessaria e la dicotomia tra reale e virtuale deve essere abbandonata. Questo fa paura. Ma ancor di più fa paura renderci conto che la nostra immaginazione dell’Altro è unicamente affidata a dei media: l’Informe tradito rimane dunque vuoto perché non sappiamo più sentire noi stessi nella realtà digitale.

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