Il collegamento è precario dalle coste della Maremma, dove cerco di liberarmi dalla gabbia angosciosa dei webinar e delle videochat di un'umanità impaurita e compulsiva. Mi aggiro, imbattendomi nella meraviglia di una città invisibile nascosta in un vecchio legno scolpito dalle onde, dal sole e dal vento. Insomma mi aggiro tra Calvino e il mare.
Calvino che era stato il "tema" di #Endecameron19; a breve raggiungerò il Castello ma per il momento ho solo quel collegamento precario per entrare in atmosfera: percepisco solo frammenti di conversazione dell’apertura della Corte Grande del Castello zoomorfo di Rocca Sinibalda. Il resto sono buchi da colmare. Gli artisti si muovono sullo schermo di Zoom come gif rallentate: francobolli parlanti, con un audio mai in sincrono con il labiale. Ricomporre il mosaico, e solo parzialmente (scusatemi voi non citati!), è già una laboriosa ma affascinante performance.
Appare all’improvviso il custode della soglia, Enrico, che si aggira nello storico luogo brandendo una nobile durlindana che poi, in un’improvvisa messa a fuoco dello streaming, appare essere… anzi è un innaffiatoio. Un innaffiatoio con il quale Enrico asperge il sacro mattonato in un rituale -supponevo- propiziatorio. A beneficio principalmente del designato residente digitale Igor Imhoff, che non è russo, né tedesco nonostante quel cognome da idraulica depurativa, ma pugliese come rivela in un altro video la cadenza del tutto simile a quella di un mio cognato foggiano.
L’avvento di Igor è annunciato da una sorta di mantra:
Igor non c’è, ma arriverà
sicuramente dopo ci sarà
forse lui verrà
ma ora è sicuro
non ci sta!
Ma domani certo ci sarà.
E meno male, perché mi è bastato documentarmi un minimo sul suo lavoro per capire che la Corte Grande è certamente un suo spazio d’elezione.
Nel frattempo la mia tendenza all’antropologia apotropaica subisce un duro colpo: Enrico svela che stava soltanto cercando di diluire l’ammoniaca così generosamente prodotta dal piscione molecolare Nanuk, festevole golden retriever di casa. E vabbè!
Apprendo poi, tra sibili e risonanze metalliche, che sarà confermata anche in #Endecameron20 la poetica del galleggiamento. Del resto il Castello insiste su una antica cisterna, no? Fabio Della Ratta fece galleggiare nell'#Endecameron18 due cerusici, Stefano Boato l’anno scorso le sue "Lagune del futuro", piume di Giorgia Gioia si posarono delicate, due anni fa, sulle medesime acque per poi volare sull’intera rocca e la contrada, come pure Francesca Fini non lasciò inviolate le acque d’alcuna vasca le capitasse a tiro.
Anche Paola Mineo, prossima produttrice seriale di capezzoli, assicura il suo contributo alla mistica del galleggiamento creativo grazie a tale connotante attributo femminile, mentre Silvia Cignoli una facitrice di suoni originali, coerenti e dedicati m’intriga assai perché vedo la possibilità di un Sound of Metamorfosis.
A proposito di suoni, colgo le note piacevolmente afone di Silvia Di Gennaro che materializzerà, se non ho capito male, un cavallo in biblioteca completo di armatura facendolo sgusciare fuori direttamente dalle pagine di un antico incunabolo.
Già frastornato da questi stimolanti frammenti di streaming, gli interventi di Marcantonio Lunardi e di Andrea di VestandPages mi colgono emotivamente disarmato: in loro il senso della perdita dei corpi a causa del distanziamento sociale vibra intensamente e arriva come una denuncia dolorosa della precarietà e incompletezza di un rapporto tra umani che non possa contare sulla sinergia vitale di tutti e cinque i sensi. Tra l’altro la silenziosa ma ben presente compagna di Andrea, Venera Stenke, assomiglia oltre misura a una “madonnara” tedesca che un senso profondo nella mia vita l’ha avuto.
Quanto a Francesco Dimitri, con lui abbiamo aperto insieme i "Dialoghi di Mezzogiorno". Bellissima l’idea e le prospettive dei suoi “incantamenti” che partendo dalla dantesca suggestione semantica ci porteranno sicuramente a compierlo il “rito della parola detta” che solleverà la parola letta dall’angustia ghettizzante della mancanza del suono. Della magia del suono.
E il primo incantamento ha già conosciuto un significativo esito: proprio lui medesimo Francesco, l’autore, dopo aver celebrato il rito ed essersi ripetutamente ascoltato è crollato in terra.
In quella natia terra di Puglia Francesco cadde, come corpo morto cade.
Per incantamento. Chiamalo, se vuoi, colpo di sole.
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