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Francesco

L'Incantamento del Genio

[Assumi una posizione comoda. Respira. Da dodici a zero, conta i tuoi respiri; ciascuno è più lento del precedente. Quando arrivi a zero, comincia a leggere. Non pensare, leggi e basta, a voce alta. A lettura finita, resta qui per qualche minuto, e fai quello che il Genio richiede.]


La scimmia nuda è nel mio ventre. Esci da te per diventare me, abbandona la tua carne e prova la pietra. Sono il genio, lo spirito di qui, non dentro un luogo, ma il luogo stesso. Sono pietra, sono merlo, sono finestra, sono scala, sono vasca, sono maschera, sono il rumore assordante della festa e sono il silenzio che resta quando gli ultimi scappano. Sono scorpione. Sono il Genio del Luogo.


Sono lo spazio in cui tutto accade. Ho visto scimmie nude nascere e le ho viste morire, le ho viste agghindarsi per spogliarsi di nuovo, le ho viste contorcersi sopra tappeti, le ho sentite gioire e ringhiare, le ho viste tentare, e a volte, perfino, volare. La mia pietra ha memoria d’arrosti e di sughi, di incensi d’Arabia e di acque francesi, di fumi d’incendio e petrolio combusto. La scimmia nuda s’illude d’avermi, di dominarmi, di sapere incantamenti antichi che possiedono un Genio. Ma la scimmia passa, sempre passa, passa la scimmia e passano i suoi incanti, mentre io resto, e conto gli anni in decenni, come un albero, parte di una natura più lunga. Sono il Genio del Luogo.


Ogni passo che cade mi carezza la pelle, ogni parola mai detta lascia in in me un’eco eterna, ogni promessa, ogni minaccia, ogni sogno sognato è inciso tra mura e soffitti, ogni corvo mai posato sul mio capo è rimasto lì per sempre, ogni fuoco che abbia mai riscaldato un camino ancora brucia in me. Fantasmi, tutti, tracce di un eterno presente. Sono fatto di fantasmi. Sono fatto di pietra. Sono il Genio del Luogo.


Non vado nel mondo perché il mondo viene da me. Il mondo ha bisogno di scudo contro la pioggia (di me), di barriere contro l’arsura (di me), di uno spazio intimo in cui sussurrare segreti (di me), di un letto (di me), di un fosso (di me), di una fossa (di me), di un vanto (di me). Il re si chiude nelle mie stanze più private così come il servo; il papa siede a brache calate non meno del peccatore. Li ho visti entrambi, ero lì, sono lì. Sono il Genio del Luogo.


Sono qui, sono il qui, qui, in questo momento. Se solo la scimmia nuda ascoltasse, potrebbe sentirmi. Ho un messaggio che scricchiola sui pavimenti, una canzone che ulula giù da un camino, un segreto impellente che trema nei vetri. I fantasmi di cui sono fatto sono sempre presenti, anche ora, anche qui. Se solo la scimmia tacesse un momento, potrebbe sentirli. Sono il Genio del Luogo.


Sono il Genio del Luogo; e la scimmia ha paura di me. La scimmia ha paura di una coscienza non sua, della certezza selvaggia che io faccio la scimmia quanto la scimmia fa me, che siamo in un cerchio e non una linea, che ci costruiamo a vicenda. La scimmia ama sentire controllo, e così mente a se stessa.


Sono il Genio del Luogo, e sono qui, sono adesso, cosciente, presente. Sono il tocco che pensi tra le scapole, il refolo di vento che ti soffia in volto, il punto freddo da cui sei passato, l’odore strano che avverti ora.


Sono il Genio del Luogo.

Adesso taci, e ascolta.


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